venerdì 3 maggio 2013

"Sassari e la voglia di stupire"


Intervista a 360 gradi del presidente Stefano Sardara pubblicata su Repubblica e in home page sito Legabasket
Presidente Sàrdara, cosa vuol dire la Dinamo seconda al termine della stagione regolare, al di là del fattore campo saldo fino all'eventuale finale? 
"La Dinamo non è nata, e non opera, per essere seconda nel massimo campionato di pallacanestro. Mi ricollego a quanto dissi assumendo l'incarico nell'estate del 2011: non conta la serie ma la continuità del basket. Mai dimenticare che siamo Sassari, città di provincia e con i suoi problemi. Ma possiamo metterci dentro forza ed entusiasmo. Prima della partita con Roma eravamo ad un bivio, perché l'ultimo periodo non era stato positivo (5 perse su 6). Ma rispetto all'economia, dove se dopo tre mesi di passivi un mese buono non basta a risollevarti, nello sport una vittoria come questa ha la capacità di azzerare le delusioni". 
Restiamo al due: dov'era, lei, due anni fa? 
"Ero già tra i soci della Dinamo, ma soprattutto il presidente della Robur, in serie B, ma con il ruolo ben definito di creare un contenitore unico per il settore giovanile dei club cittadini. Facendo giocare la C regionale alla Under 17, perché le occasioni di confronto sono poche. Ricordo che a fine giugno stavo trattando un giocatore, Gambolati, per la Robur; ed ai primi di luglio ero il nuovo presidente della Dinamo". 
Perché ha accettato, in un momento complesso? 
"Perché ho trovato il sostegno della città, delle Istituzioni e della gente. L'ultima Dinamo non era più sostenibile. La nuova avrebbe provato a restare in vita". 
Com'è la crisi, vista dalla Sardegna? 
"Se fossimo collegati al continente da un ponte, avremmo molti più turisti... Il popolo sardo è capace, umile e laborioso. Ma non è imprenditore. Facciamo i camerieri, ma i ristoranti sono degli arabi. Se però si abbassa la forbice economica allora possiamo competere. Per questo Travis Diener gioca da noi: potrebbe anche guadagnare di più altrove, ma Sassari è il posto ideale per lui e la famiglia. Ieri, dopo la partita, le due squadre hanno mangiato assieme nel nostro "terzo tempo". E' la nostra ospitalità e può valere anche un contratto". 
A proposito: l'offerta a Gigi Datome? Ormai non siete più solo Sassari, ma la squadra seconda in classifica. 
"Sarei felicissimo di vederlo in maglia Dinamo. Ma non è il momento, i suoi sogni sono molto più ambiziosi. Non abbiamo fretta, ma pazienza. Intanto ieri è stato al solito disponibile per un'iniziativa con due nostre tifose afflitte dalla SLA. Una è una sua zia. E visto che la maglia di Gigi di Roma ce l'ha già, ne abbiamo fatta fare una nostra con Datome sul retro...". 
Torniamo al due: Drew Gordon e Sani Becirovic. 
"Gordon va a coprire un ruolo, sotto canestro, dove abbiamo sofferto, mancandoci fisicità. Sani è la nostra polizza assicurativa dietro Travis, che vorrebbe giocare sempre quaranta minuti, ma non può". 
Parliamo di extrabudget o operazione prevista nella vostra programmazione stagionale? 
"Avevamo accantonato una cifra per metterci al riparo nell'eventualità di un infortunio. Che fortunatamente non si è verificato. Ed allora abbiamo colto due opportunità per rendere il roster più competitivo, essendo il più corto tra le squadre di vertice". 
La flessione dell'ultimo periodo ha inciso sui tempi del doppio intervento? 
"No, se si considera che quando abbiamo trattato Mancinelli avevamo vinto otto delle nove partite giocate in quel periodo. L'accordo era fatto, poi è arrivata un'offerta migliore. A Mancio ho augurato il meglio. Noi non potevamo mettere a rischio il nostro futuro". 
Nel frattempo, vi godete un grande presente. 
"Il nostro percorso fino ad oggi era inimmaginabile. Da oggi apriamo la nostra "scatola dei sogni", come la chiamo io. Che forse non riusciremo ad aprire nei prossimi due anni, lo sport è imprevedibile. E vorrei che tutti quelli che ci sono vicini lo facessero con la stessa consapevolezza: Istituzioni, sponsor, tifosi. Il messaggio è che qui non ci sarà mai spazio per la delusione". 
Vendete il vostro prodotto ai 4532 che affollano il Palaserradimigni. A più gente non potete farlo. Aziendalmente è una rimessa. 
"Il nostro palasport è come una bella signora, che ha qualche anno ma bella resta. Siamo tutti testimoni di recenti fughe in avanti e brutti ruzzoloni. Per un nuovo palasport servono 10-12 milioni, in questa regione c'è gente senza lavoro che sale sulle torri". 
Nei giorni della Final Eight di Coppa Italia avete annunciato l'estensione di Sacchetti fino al 2018. La notizia è che anche nel 2018 sarete così ambiziosi e competitivi da poter trattenere uno come Sacchetti. 
"E' una lettura corretta, l'obiettivo è esserci e con ambizione. E non nego che a noi piace divertirci con il basket e con quello di Sacchetti accade". 
Sacchetti che ha detto: "Quest'anno vogliamo fare un passo avanti". L'anno scorso arrivaste in semifinale, fu uno 0-3 con Siena. Non crediamo che l'obiettivo di Sacchetti sia vincere una partita di semifinale, se non abbiamo equivocato. 
"La nostra è politica di piccoli passi ed è vero che ne vogliamo fare un altro avanti. Non vincere lo scudetto, ecco". 
Cos'è il progetto "Dinamo 2018"? 
"C'è uno slogan, "Siamo più di un semplice gioco". Scimmiottiamo il "mes que un club" del Barcellona, lo riconosco. L'obiettivo è dimostrare che il basket non è solo quello giocato, ma che da questo possa nascere molto d'altro. Strutturandoci in una vera società commerciale, in modo da poter pianificare con un'ottica pluriennale. Siamo anche quelli che portano i giocatori nelle scuole, negli istituti, nei centri d'accoglienza. Per questo cercheremo sempre ragazzi che sposino questo nostro ideale e che sappiamo veicolare un sorriso". 
A voi piace molto ridere, sul campo, con quel che combinano i cugini Diener. Lei ne ha uno preferito? 
"A livello personale, parlando di carattere, mi trovo in sintonia con Travis. Per l'esempio di lavoro e la mentalità dico Drake". 
A proposito di Travis: lo vuole agli Europei o no? 
"Da tifoso della Nazionale vorrei che ci fosse, alla grande. In più, giocando con noi anche in coppa, ha dimostrato che può reggere certi ritmi pure se il suo fisico resta particolare. Dovessi parlare invece da quello che l'avrà in squadra l'anno prossimo, allora preferirei che si riposasse". 
Non lo dice da uno che sarà il suo presidente, l'anno prossimo. 
"Travis sta giocando un'altra grande stagione. Avrà un mercato importante. Se le condizioni ambientali, che per lui incidono parecchio, continueranno a valere allo stesso modo, confido che possa restare. Ma se gli offrono cinque volte tanto prende da noi, la vedo dura". 
A proposito di squadra 2013/2014: Tessitori è nei programmi? 
"Certamente. Stiamo seguendo Amedeo nella sua stagione a Forlì, riteniamo sia stata la scelta giusta. Lo volevano in tanti, i procuratori hanno agito secondo logica, noi abbiamo parlato con la famiglia. Che poi ci ha scelto e di questo sono orgoglioso perché ha coinvolto i valori umani delle persone". 
Allarghiamo l'analisi globale sul basket: lei è coordinatore della commissione marketing della Lega e sono i giorni nei quali la trattativa per la cessione dei diritti media entra nel vivo. Cosa si augura? 
"Che le emittenti capiscano che il prodotto basket non può essere trattato senza entusiasmo. Promuoverlo in modo che torni a far girare le teste verso la nostra offerta. E da parte nostra lavorare più sulle nostre virtù, anziché alimentare veleni e sospetti che allontanano i tifosi". 
La percezione, Sàrdara, è che la Lega una volta fucina di idee ed iniziative sia ferma. E la Fip, in confronto, un apparato dinamico e foriero di iniziative. 
"In questo momento la Fip ha rimesso a capo un presidente vulcanico come Petrucci, col suo bagaglio storico e di esperienza. E' naturale che venga vista come componente attiva e progettuale. Noi, come Lega, dobbiamo essere altrettanto bravi a mettere in campo le nostre risorse. Svecchiandoci e rivolgendoci di più ai giovani che seguono il basket. Usano l'Ipad, gli smartphone, vogliono subito gli highlightes e si mangiano la statistiche in tempo reale. La direzione da prendere è quella". 

Stefano Valenti

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