Coach Gianmarco Pozzecco, Federico Pasquini e i giocatori biancoblu all’International Job Meeting 2020 a Cagliari
Per il secondo anno consecutivo la Dinamo Banco di Sardegna ha preso parte all’International Job Meeting, organizzato dall’Aspal (Agenzia Sarda per le politiche attive del lavoro), in scena al Quartiere Fieristico di Cagliari per tre giorni. Questo pomeriggio, nella Sala Pasolini della Fiera di Cagliari, una folta delegazione biancoblu ha dialogato con centinaia di studenti sul tema “Le sfide da vincere nello sport e nella vita”: accompagnati dal general manager Federico Pasquini, coach Gianmarco Pozzecco, i suoi assistant Edoardo Casalone e Giorgio Gerosa e il preparatore fisico Matteo Boccolini insieme al capitano Jack Devecchi, Lorenzo Bucarelli, Miro Bilan, Michele Vitali, Dwayne Evans, Stefano Gentile e Marco Spissu.
A dialogare con i giganti biancoblu il giornalista e vice direttore di La7 Andrea Pancani: ad aprire il video emozionale realizzato da Dinamo Tv con le immagini dell’ultimo anno vissuto dal club di via Roma, un anno carico di emozioni, soddisfazioni e sfide vinte da Pozzecco e i suoi uomini. Ad aprire l'incontro l'intervento di Alessandra Zedda, vicepresidente della Regione Autonoma della Sardegna e Assessore regionale al Lavoro: “L’International Job Meeting è aperto a tante altre nazioni, abbiamo voluto che ci fosse un apertura della nostra terra verso tutto il mondo, tante eccellenze tanti rappresentanti oggi la presenza della Dinamo che non è solo una squadra sportiva ma un’eccellenza di Sardegna”.
Il primo a intervenire del mondo Dinamo è il general manager Federico Pasquini: “Il mio ruolo di general manager cerca di rendere il lavoro dello staff tecnico e della squadra il più facile possibile per far sì che in primis tutti pensino solamente al campo. La qualità di un buon manager? In ambito sportivo è un po’ diverso rispetto alle altre aziende, nello sport devi riuscire ad essere sempre razionale e mantenere la stessa linea che si vinca o che si perda. Il valore di questa squadra? È un gruppo che anche nella vita di tutti giorni ha un legame, ciò si riflette in campo perché metti sempre quel qualcosa di più in campo per aiutare il tuo compagno”.
A raccontare la sua esperienza sul palco anche un rappresentante dello staff operativo della Dinamo Marsilio Balzano che ha tratteggiato un quadro della società sportiva diventata azienda: il suo è l'esempio di un giovane che rientra in Sardegna dopo l’esperienza all’estero ed entra a far parte dell’azienda Dinamo con un tirocinio fino a diventare responsabile del settore eventi.
La parola ai giocatori: ad aprire le danze il capitano Jack Devecchi, bandiera del club alla quattordicesima stagione in Sardegna e legato con un contratto fino al 2024: “Parto dall’idea che siamo sempre privilegiati rispetto a chi fa altri lavori, noi andiamo ogni giorno in palestra e facciamo ciò che ci piace. Ci vuole dedizione per essere un atleta, lo si vede anche con i grandi campioni di oggi, penso a Roger Federer, Cristiano Ronaldo o proprio Kobe Bryant. Al giorno d’oggi gli atleti non possono essere più sregolati, bisogna essere campioni anche fuori dal campo. La routine degli allenamenti è solo una piccola parte della nostra vita. A proposito di dedizione vi racconto che all’età di 14 anni quando ero in terza media arriva il momento di fare la gita scolastica e in contemporanea in quei giorni c’era una selezione per i giocatori della provincia di Lodi, io rinuncio alla gita per partecipare a questa selezione e non la passo. La cosa peggiore che potesse capitarmi, potete immaginare quanto potessi odiare quel momento, in realtà anche quello mi ha dato l’input per lavorare sempre più, poi certo ci vuole anche un po’ di fortuna. Io sono arrivato in Dinamo, ci sono da tanti anni e spero di rimanerci il più a lungo possibile. La prima cosa che consiglio a tutti voi è quella di divertirsi, non deve essere un obbligo ma un piacere, bisogna dare sempre il 100%, anche a noi professionisti capita la giornata no e vorremmo fare tutt'altro. Le giornate no ti fanno però fare lo step in più e ti aprono le porte più importanti”.
Il più giovane della squadra è Lorenzo Bucarelli, classe 1998, tra i migliori prospetti è esploso con la nazionale under 19 con cui ha vinto l’argento in Egitto, ha firmato appena diciannovenne un contratto triennale con una società di serie A: “A 21 anni un ragazzo deve aver voglia di andare in palestra per migliorarsi ogni giorno, per crescere magari imparando dai compagni di squadra più anziani che ti aiutano e ti insegnano, deve aprire i propri orizzonti. Io sono andato via di casa a 14 anni per inseguire il mio sogno, ho sempre avuto una voglia incredibile di andare ad allenarmi nonostante avessi la famiglia lontana. Loro mi hanno sempre aiutato e sostenuto e questo per me è sempre stato uno stimolo in più”.
Centro di esperienza e dal lungo curriculum europeo è Miro Bilan, che nel 2016 ha rappresentato la Croazia alle Olimpiadi di Rio: “Rappresentare il proprio paese alle Olimpiadi è la massima ambizione per un atleta soprattutto se hai la possibilità di ambire ad una medaglia. La Sardegna è simile al mio paese natale, qui mi sento a casa. Sicuramente all’inizio sognavo semplicemente di poter giocare nella squadra della mia città poi passo dopo passo le mie ambizioni sono cresciute e oggi sono qui”.
Anno di grandi sfide per Michele Vitali che quest’anno rientra in Italia come uomo quintetto dopo la consacrazione alla Leonessa Brescia e l’esperienza nel campionato spagnolo in maglia Andorra in cui si è messo in gioco confrontandosi con una delle leghe più competitive: “Lasciare l’Italia per confrontarmi con il campionato spagnolo è stata una sfida tosta, ogni sportivo dovrebbe avere la mentalità di mettersi in gioco per uscire dalla propria comfort zone. Mi godo questo momento e lavoro duro per meritarmi ogni giorno questa vita da giocatore di pallacanestro”.
La storia di Dwayne Evans è quella dei tanti giocatori americani che una volta usciti dal college tentano la carriera da professionisti in Europa, cambiando continente e vita: “Lasciare il proprio paese per andare a lavorare dall’altra parte del mondo è una scelta difficile, prima di tutto perché arrivi in una nuova nazione dove non capisci nemmeno la lingua. Però so che è un privilegio lavorare facendo quello che ci piace, avere l’opportunità di fare qualcosa di grande e affermarti come professionista. La perseveranza è fondamentale anche quando ci sono momenti up & down e serve tenere sempre puntato l’obiettivo”.
Essere figlio d’arte è un onore ma anche un onere, lo sa bene Stefano Gentile cresciuto nel mito di papà Nando: “L’atleta non ha un percorso ben definito come capita in altre professioni, deve cercare di destreggiarsi tra le cose, trovare la squadra migliore per sé in quel dato momento. Per me avere vicino una persona come mio padre capace di consigliarmi è stato importante, raramente noi giovani abbiamo qualcuno che ci indirizzi e ci dia consigli, spesso è più facile perdersi e non avere le idee chiare. Io mi sono avvicinato relativamente tardi al mondo della pallacanestro, l’insegnamento che mi è stato dato fin da piccolo è di fare qualcosa con il massimo impegno e la massima passione. Spesso è quello che manca ai giovani d’oggi, le possibilità sono immense ed è facile arrivare quasi a tutto quindi spesso uno non sa quale strada prendere”.
Esemplare è la storia di Marco Spissu: un ragazzino cresciuto a bordo campo al PalaSerradimigni, da tifoso a protagonista della squadra della sua città. Da piccolo gli dicevano che non aveva il fisico per competere ad alti livelli e invece perseveranza e duro lavoro lo hanno fatto diventare play titolare: “La differenza d’altezza? Non è mai stato un limite per me. Metto sempre il cuore in ciò che faccio, ho lavorato tanto sul mio fisico negli anni e continuo a lavorarci su ma se non hai qualcosa che ti spinge e viene da dentro non arrivi a questi livelli”.
La parola allo staff tecnico, a partire da Edoardo Casalone: “Lo staff tecnico deve aiutare i giocatori a ricaricarsi in vista della partita successiva, cercare di capire come aiutarli e rendere più semplice il loro lavoro. Il nostro è un ruolo di supporto in primis all’allenatore e poi ai giocatori”. Parola dunque a Giorgio Gerosa: “Per noi è importante fare squadra, tra di noi e con i ragazzi, mettere insieme caratteri e visioni diverse non è semplice. Ognuno deve portare il proprio mattoncino. Questo lavoro è un privilegio, bisogna essere sempre concentrati e lavorare per la crescita nostra e di chi ci sta accanto”. A concludere Matteo Boccolini: “In questi dieci anni è stato creato uno staff medico di alto livello, abbassare il più possibile il rischio di infortuni è fondamentale ed è sempre il nostro obiettivo, senza questo non avremmo mai ottenuto i risultati di questi anni”.
Last but not least coach Gianmarco Pozzecco: “Oggi la parte più importante per tutti è avere un obiettivo che ti possa portare ad un determinato livello in futuro. Per me è sbagliato, i ragazzi di oggi non fanno quello che gli piace fare ma quello che potrà portarli alla celebrità e alla ricchezza. Io penso che nella vita bisogna avere la fortuna di trovare qualcosa che ti faccia stare bene indipendentemente dal futuro. A volte abbiamo nella nostra testa un percorso già stabilito, non coltiviamo una passione. Io penso ci si debba godere il presente senza avere l’ossessione di diventare per forza qualcuno o raggiungere per forza qualcosa altrimenti si rimane delusi”.
A chiudere l’incontro le immagini del video Ca semus prus de unu giogu che racconta la forte matrice identitaria della Dinamo Banco di Sardegna , un club che ogni giorno affronta grandi sfide da vincere dentro e fuori dal campo, sostenuta dalla passione e dall’impegno di un popolo intero.
Cagliari, 29 gennaio 2020
Ufficio Comunicazione
Dinamo Banco di Sardegna
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