Questa è una storia di sport, ma non ci sono personaggi famosi. Niente stelle NBA, niente supercampioni: solo il basket e un gruppo di ragazzi appassionati.
Siamo in Francia, a un torneo universitario. La competizione è elevata, il torneo è abbastanza prestigioso e poi si sa, i Francesi sono competitivi. Tra tutte le squadre del torneo ce ne è una che è universalmente riconosciuta come la più scarsa di tutte: i suoi giocatori sono pieni di cuore, appassionati di basket, ma mancano quasi del tutto di talento e atletismo. Il capitano è l’unico giocatore di buon livello, una sorta di Kevin Love con l’aspetto di Kurt Rambis.
Al torneo la squadra si presenta con soli sei giocatori, un allenatore e qualche tifoso. Esami, lezioni e casini vari fanno sì che, di tutte le squadre presenti, quella più scarsa sia anche quella con meno giocatori. Si gioca su due soli tempi di gioco, ma gli altri hanno rotazioni, fisico e centimetri, i nostri solo tanta buona volontà.
La prima partita passa quasi sotto silenzio, una sconfitta pesante in cui il capitano è l’unico a segnare. La seconda gara si preannuncia anche peggio: gli avversari ovviamente non sono la seconda squadra più scarsa del torneo, una con cui potrebbero avere una possibilità, ma i favoriti. Già questo basterebbe per fiaccare il morale di chiunque, ma dato che se sei sfigato la sfiga si diverte ad accanirsi, nella prima partita si sono infortunati due giocatori. Caviglia e ginocchio, fuori di sicuro per la partita successiva. I nostri si ritrovano così in quattro, con la prospettiva di non poter giocare.
La loro passione è tale che, pur di scendere in campo, sono disposti a tutto. Così trovano un quinto giocatore: il loro primo tifoso, che li segue ovunque vadano, un grande appassionato di basket che, per fare un favore ai suoi amici, si allaccia le scarpette e scende in campo al loro fianco. Niente di particolare – di storie come questa se ne vedono mille nei tornei amatoriali – se non fosse per un dettaglio: il primo tifoso è un nano, e non nel senso che è particolarmente basso. E’ un ragazzo affetto da nanismo, con una passione gigante per questo gioco, una passione che non ha mai potuto però mai mettere in pratica in una partita ufficiale. Fino a oggi.
La partita inizia, e i nostri vanno subito sotto. Gli avversari giocano piano, non si sprecano più di troppo, ma dopo il primo tempo sono già 30-8. Il capitano lotta, fa coraggio ai compagni, ma la sfida sembra senza speranza. Il tifoso si sbatte, ruba anche un paio di palloni, ma la sua impotenza rappresenta quella della sua squadra.
Nel secondo tempo, però, cambia qualcosa: il capitano si carica la squadra sulle spalle, e riporta i suoi a una distanza più accettabile, 41-36. Mancano solo cinque minuti, quando il capitano ruba palla e lancia un suo compagno in contropiede. Arresto e tiro da sotto canestro, molto anni Cinquanta, e appoggio facile al tabellone. Gli avversari cominciano a preoccuparsi, cercando di giocare duro, ma ormai i nostri sono in trance agonistica. Difendono l’area con le unghie e con i denti, improvvisando una zonaccia bulgara d’altri tempi, e costringono gli avversari al tiro da fuori: sbagliato, e rimbalzo preso dal capitano. Palla al play, e si va dall’altra parte.
Gli avversari collassano tutti sul capitano, impedendogli la ricezione. Il play esita, ferma il palleggio e viene aggredito. Sta per perdere la palla, quando vede il tifoso nell’angolo, solo. Lancia la palla nella sua direzione, e il tifoso la prende. Ci mette un secondo per realizzare cosa sta succedendo, poi si prepara al tiro. Il centro avversario recupera verso di lui e, per la prima volta da inizio partita, prova seriamente a fermarlo. Il tifoso lascia andare la palla. Il centro avversario salta, la mano protesa verso l’alto, ma la palla passa appena sopra alle sue dita. Il palazzetto è tutto in silenzio: so che sembra retorico, ma era così, una cosa surreale. La palla, lentamente, comincia a scendere, e finisce dentro il canestro sfiorando appena la rete. 55 pari.
Il tifo esplode, i compagni pure. Solo il tifoso e il capitano rimangono concentrati, e tornano rapidamente in difesa. Mancano 15 secondi. Il miglior giocatore avversario si alza dalla panchina, su cui era seduto da almeno sei minuti, e si fa passare la palla. Prova a penetrare, ma deve fermarsi perchè l’area è intasata. Fa per girarsi, quando qualcuno gli ruba la palla di mano, usando tutta la forza che ha in corpo. Il tifoso palleggia in avanti, poi vede il capitano vicino a lui e lo serve. Tre secondi. Supera la metà campo. Due secondi. Arriva alla linea da tre. Un secondo. Tiro in sospensione, fuori equilibrio. Parabola perfetta, ciuffo. 58-55.
Non vi parlerò del dopo partita, del delirio di tutti i presenti, della felicità dei nostri, della luce negli occhi del tifoso, una luce che rifletteva qualcosa di più della vittoria. Non serve. Credo che questa storia possa parlare da sola.
Solo amicizia passione e sudore ti fa capire l'amore per il basket.
( We love this game 1980)
Antonello Civiletti
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