sabato 8 marzo 2014

La crisi del basket italiano - parte seconda


Per la serie "la crisi del basket italiano" vi proponiamo oggi la lettura di due articoli da noi selezionati dalla testata giornalistica Pianeta Basket di cui siamo lettori ed estimatori, riguardante il grosso problema della crisi che in queste ultime stagioni sta investendo il basket nostrano e la scarsa visibilità data a questo sport da parte della TV. Nel  primo articolo Carlo Fabbricatore analizza le cause di questa crisi, mentre il secondo articolo è dedicato alle parole di Carlo Recalcati che replica a chi chiede più spazio in TV.

Lo specchio rotto della nostra Pallacanestro

Momento travagliato per il nostro amato sport che sta attraversando un periodo di decadenza. Poca visibilità in televisione, GIBA che prende posizione contro il numero elevato di stranieri, FIP che sostiene il sindacato giocatori, …e tanto altro!
Tutti attaccano la RAI per la poca pallacanestro in TV ma il movimento cosa sta facendo per meritare più spazio? Poco, molto poco e quando parliamo di audience... è meglio lasciar perdere. Continuiamo a dire che siamo il secondo sport in Italia e come tale dovremmo essere trattati, ma a quale distanza dal primo? Siderale! Siamo autoreferenziali e ci riteniamo bravi specchiandoci davanti ad uno specchio che sta andando giorno dopo giorno in frantumi. Sarebbe meglio lo dicessero gli altri. I telespettatori sono pochi e non giustificano sforzi economici da parte delle televisioni in quanto non ci sono progetti concreti per aumentare la visibilità. Purtroppo stanno venendo al pettine tutti gli errori di gestione sportiva economica degli anni passati. In questo momento esiste una sola realtà veramente solida in Italia: l'EA7 Milano del Sig. Giorgio Armani.
Pochi italiani in campo: vero! Ma i vivai cosa stanno producendo in termini di giocatori in questi anni? La GIBA parla di tutelare gli italiani: non mi piacciono le quote rosa figuriamoci le quote “giocatori italiani”. Donna o giocatore italiano devi meritarti lo spazio per capacità, non per altri motivi! Con questo sistema andremmo a ricreare il mercato fuori controllo dei giocatori “indigeni” perché servono per formare i roster: faccio memoria sul costo spesso ingiustificato che i ragazzi avevano raggiunto negli anni '90 quando esistevano società esclusivamente dedite “all'allevamento” di talenti! 
La FIP vuole meno stranieri in campo. Sono d'accordo per i campionati dilettantistici ma per quello professionistico sarebbe un errore clamoroso perché si andrebbe ancor di più a diminuire l'appeal di un movimento in agonia. Quando un'azienda sponsorizza una squadra ricerca visibilità sui giornali, sul web, sulle televisioni per avere maggiore penetrazione nel mercato. Il problema non è rappresentato dal campionato di Lega A che schiera stranieri, bensì dal movimento che non ha interessato adeguatamente la scuola instaurando partnership atte a formare giocatori. Il CONI cosa ha concretamente fatto in questi anni per creare un solido rapporto di cooperazione con la scuola? Dov'era quando le società hanno avallato il passaggio al professionismo? Piangere dopo è molto facile. 
Controlli COMTEC: altro problema esploso dopo un'intervista a Recalcati. Carlo ha detto che ci sono molte società che pagano in ritardo o non riescono a pagare gli stipendi scatenando un putiferio: non lo sapeva nessuno? La risposta federale è stata che per un paio di mesi di ritardo nessuno muore! Forse i problemi di alcune società sono venuti alla luce dalla sera alla mattina! Siamo seri, il movimento ha generato costi insostenibili per la maggior parte dei club: questo è il vero problema. Villalta giustamente parla  di correttezza: le cessioni forzate e il mancato pagamento degli stipendi  condizionano l'andamento dei campionati. Il bilancio non approvato di Siena era di dominio pubblico, così come le difficoltà, più volte segnalate a mezzo stampa, di Montegranaro e di Lucca.
Il riferimento al passato felice è fuori luogo perché i problemi sono stati generati nel tempo: Gorizia, Udine, Rieti, Bologna, … E' superfluo a parlare di impianti di proprietà se alla fine della stagione ogni anno la maggior parte delle squadre non sa se riuscirà ad iscriversi alla prossima stagione. Restiamo con i piedi per terra, nessun impianto che non sia il Madison Square Garden è in grado di generare proventi tali da rimpinguare i bilanci. I ricavi irrisori e i costi elevati creano un'equazione purtroppo irrisolvibile per la maggior parte delle società. Negli anni '90  pallacanestro e pallavolo hanno avuto la stessa impennata dei costi dovuta a super imprenditori che “investivano” montagne di denaro: abbiamo visto come è andata a finire. 
La nota positiva è che esiste ancora una grande proprietà, Milano, che investe molto. Lega A deve diventare autonoma e svincolata dalla federazione per poter avere un futuro ed è anche evidente che i Top team devono avere una Euroleague strutturata come una lega professionistica con parametri precisi sugli stadi e sui bilanci. 
Il concetto di campionato nazionale deve essere superato se si vuole che il “nostro sport” continui a vivere e non a sopravvivere in continua agonia. 
Doveva essere una lettera aperta, non vorrei invece che queste righe si trasformassero in un un necrologio alla “nostra Pallacanestro”.

Sogno: vedere più uomini di sport, ovviamente con competenze, nei quadri dirigenziali e meno politici o politicanti.

Utopia: un campionato continentale autonomo dalle federazioni perché la pallacanestro ha sempre cavalcato le innovazioni e questa è l'ultima frontiera da esplorare. 

Buona Pallacanestro a tutti

Carlo Fabbricatore


Recalcati: «Cosa offriamo noi del basket alla tv?» 

Tutto è pronto al PalaWhirpool per accogliere il grande ex. Carlo Recalcati si prepara a tornare nuovamente  “a casa” da avversario con la Sutor. Il tecnico gialloblu oltre ad anticipare le emozioni che lo assaliranno domenica prossima, ha parlato alla Provincia di Varese soffermandosi sulla visibilità del nostro basket e sul ritiro in corsa per una wild card per i prossimi mondiali.

Queste le parole dell’ex c.t.

Più Basket in RAI: «Prima di chiedere più spazio dovremmo pensare a cosa offriamo noi del basket alle tv per renderci appetibili. Pozzecco era un personaggio a tutto tondo, tanto da meritarsi da Mediaset la chiamata per la conduzione di una trasmissione che nulla c'entrava con la pallacanestro (Candid Camera Show, ndr), ma la sua presenza in tv ebbe comunque il merito di avvicinare al nostro sport un pubblico che non ci conosceva. Stesso discorso si potrebbe fare per Carlton Myers, che seppe attirare su di sé l'attenzione del mondo della pubblicità. Oggi il basket italiano quali personaggi propone? Il rugby, tanto per fare un esempio, ha Martin Castrogiovanni, testimonial a 360 gradi, e a Roma le partite della Nazionale fanno più di 60mila spettatori. Al basket mancano perfino le strutture, nelle coppe europee vediamo squadre che appartengono a campionati meno prestigiosi del nostro eppure giocano in palazzetti moderni, all'avanguardia, roba che noi possiamo solo sognarci».

Rinunciare al mondiale scelta giusta?  «No. Le competizioni internazionali sono una vetrina peri nostri giocatori. Nel 2006 ai Mondiali andammo con la wild card. Io dico che se Belinelli non avesse fatto proprio in Giappone quella partita pazzesca, contro il Dream Team Usa, in Nba ci sarebbe comunque arrivato, ma ci sarebbe arrivato dopo»

Fonte: Pianeta basket

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