Sarà capitato a molti di giocare in squadrette senza soldi, tra Promozione, Prima Divisione, UISP o CSI che sia. Sto parlando di quelle squadre in cui le divise si tramandano di generazione in generazione, sulle quali campeggiano vecchi sponsor irriconoscibili sia perché sono aziende che non esistono più sia perché la canottiera è talmente lisa che si legge a malapena il numero.
Normalmente queste squadre giocano in palestre piccole, con i canestri attaccati al muro, con i lati così stretti che le linee da tre punti si interrompono prima di arrivare in angolo, con le panchine rubate al parco e così via. Queste sono le squadre che godono del cosiddetto “effetto raccogliticcio”, uno strano fenomeno che si manifesta soprattutto durante il riscaldamento: lì, all’ingresso in campo, l’altra squadra si ferma a guardare questa accozzaglia di giocatori tutti vestiti in modo diverso, alcuni con i numeri sulla maglia fatti con il cerotto adesivo, altri con la maglia al contrario perché hanno lo stesso numero di un compagno, altri ancora con una serie di ginocchiere, gomitiere, maglie della salute d’altri tempi. Ebbene, questo fenomeno, il cosiddetto “effetto raccogliticcio”, può regalare anche dieci punti di vantaggio, ancora prima della palla a due, ad una squadra apparentemente dimessa e per questo sottovalutata. E non solo: regala a questa squadra anche una dose naturale di simpatia e stima che normalmente i ricchi si possono guadagnare solo con il tempo, se giocano bene e soprattutto se vincono.
E poi “l’effetto raccogliticcio”, oltre a quanto detto, porta in dote anche qualcosa di più importante: regala spirito di sacrificio, voglia di lottare, compattezza di squadra, tutte caratteristiche che non si possono comprare e che emergono splendenti solo in mezzo alle difficoltà.
Ecco, guardando Milano-Roma, quarta giornata di campionato, subito mi è venuta in mente quella scena vista tante volte nelle palestrine di periferia, sin dal riscaldamento: in campo c’era da una parte una squadra ricca, bella, con uno staff infinito, con dodici giocatori tutti teoricamente da quintetto; dall’altra una nobile, decaduta solo in teoria, con pochi soldi, una panchina cortissima ma con tanti giocatori pronti a sputare sangue. Insomma c’era Roma che godeva dell’”effetto raccogliticcio” e Milano che ha pensato più volte, sin dall’inizio, di aver già vinto, specchiandosi in una bellezza ancora lontana. E’ finita come era logico che fosse ma Roma è stata lì fino all’ultimo a mettere paura alla elegante banda di Armani, lottando su ogni pallone e combattendo al massimo contro un avversario chiaramente più forte: del resto l’”effetto raccogliticcio” da solo non ti fa vincere però, a volte, il vero basket comincia da lì.
Normalmente queste squadre giocano in palestre piccole, con i canestri attaccati al muro, con i lati così stretti che le linee da tre punti si interrompono prima di arrivare in angolo, con le panchine rubate al parco e così via. Queste sono le squadre che godono del cosiddetto “effetto raccogliticcio”, uno strano fenomeno che si manifesta soprattutto durante il riscaldamento: lì, all’ingresso in campo, l’altra squadra si ferma a guardare questa accozzaglia di giocatori tutti vestiti in modo diverso, alcuni con i numeri sulla maglia fatti con il cerotto adesivo, altri con la maglia al contrario perché hanno lo stesso numero di un compagno, altri ancora con una serie di ginocchiere, gomitiere, maglie della salute d’altri tempi. Ebbene, questo fenomeno, il cosiddetto “effetto raccogliticcio”, può regalare anche dieci punti di vantaggio, ancora prima della palla a due, ad una squadra apparentemente dimessa e per questo sottovalutata. E non solo: regala a questa squadra anche una dose naturale di simpatia e stima che normalmente i ricchi si possono guadagnare solo con il tempo, se giocano bene e soprattutto se vincono.
E poi “l’effetto raccogliticcio”, oltre a quanto detto, porta in dote anche qualcosa di più importante: regala spirito di sacrificio, voglia di lottare, compattezza di squadra, tutte caratteristiche che non si possono comprare e che emergono splendenti solo in mezzo alle difficoltà.
Ecco, guardando Milano-Roma, quarta giornata di campionato, subito mi è venuta in mente quella scena vista tante volte nelle palestrine di periferia, sin dal riscaldamento: in campo c’era da una parte una squadra ricca, bella, con uno staff infinito, con dodici giocatori tutti teoricamente da quintetto; dall’altra una nobile, decaduta solo in teoria, con pochi soldi, una panchina cortissima ma con tanti giocatori pronti a sputare sangue. Insomma c’era Roma che godeva dell’”effetto raccogliticcio” e Milano che ha pensato più volte, sin dall’inizio, di aver già vinto, specchiandosi in una bellezza ancora lontana. E’ finita come era logico che fosse ma Roma è stata lì fino all’ultimo a mettere paura alla elegante banda di Armani, lottando su ogni pallone e combattendo al massimo contro un avversario chiaramente più forte: del resto l’”effetto raccogliticcio” da solo non ti fa vincere però, a volte, il vero basket comincia da lì.
GERI DE ROSA
Fonte : http://www.dailybasket.it/
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